lunedì 28 gennaio 2013

il marketing secondo Kotler (OVVERO TUTTO QUELLO CHE UN MARKETER VUOLE SENTIRSI DIRE)



Oggi ho avuto modo di seguire uno splendido intervento di quello che è a mio avviso il più importante esperto di marketing al mondo: Philip Kotler, il video è pubblicato dal sito di WOBI Word of Business Ideas.

Kotler è autore di oltre 50 libri, incluso il bestseller Marketing Management, considerato da tutte le business school del pianeta la bibbia del marketing ed è stato insignito di numerosi riconoscimenti per il suo contributo al marketing e al management. Nel 2005 è stato nominato dal Financial Times il quarto guru più influente al mondo in fatto di marketing, mentre nel 2008 il Wall Street Journal l’ha messo al sesto posto della classifica delle personalità più influenti nel mondo del business. È professore alla Kellogg School of Management e lavora come consulente per aziende come General Electric, IBM, AT&T e Merck

Nel suo intervento Kotker sottolinea quello che è il principio guida del VEERING MARKETING

Il marketing non deve essere considerato un mero centro di costo per un'azienda bensì un supporto strategico, un pilastro del business dalla definizione della business strategy al go to market.

E' compito del CMO (Chief Marketing Officer) fare in modo che l'azienda sia CUSTOMER DRIVEN e non PRODUCT DRIVEN, aiutare l'azienda ad IDENTIFICARE NUOVI CLIENTI passando da una segmentazione demografica a una segmentazione legata ai comportamenti d'acquisto e quindi essere propositivo anche in fase di scelta del product mix in base alle proprie conoscenze del mercato. Una follia quest'ultima vista in un ottica di marketing classico dove il compito della struttura marketing è di trovare un modo nuovo e appealing per proporre un determinato prodotto o servizio...nei miei 15 anni di onorato servizio come responsabile marketing 1.0 il mantra era "L'azienda deve vendere il prodotto x, il marketing veda come fare" e giù di pubblicità, eventi, pr magari con la consapevolezza che il mercato stava chiedendo qualcosa di diverso...ma il mio lavoro era di comunicare, non di decidere. Ora arriva Kotler e la speranza di chi come me fa marketing per passione, è che venga ascoltato a livello di top management.

Un altro aspetto importante in questo intervento è legato al ROMI, il Ritorno dell'investimento di marketing. Qui faccio una seria autocritica della mia attività passata, non sono sicura di aver sempre fatto scelte di marketing strategy che permettessero una concreta misurabilità in termini di ritorno dell'investimento. Si, certo, dovevo giustificare come veniva speso il budget marketing ma spesso ero condizionata nella scelte da una sorta di manierismo professionale o di disponibilità di servizi sul mercato o ancora da vincoli temporali strettissimi che mi impedivano di fare una obiettiva analisi a priori. Ho cominciato a ragionare quotidianamente in termini di ROI quando, nel 2009, ho iniziato a lavorare con un CRM serio che imponeva analisi ROI su eventi, campagne di DME (direct email marketing), o semplici invii di newsletter.

Da allora ho capito l'importanza del fattore MISURABILITA' in qualsiasi attività di marketing, perché, anche se siamo professionisti con decenni di esperienza, non possediamo la sfera di cristallo che permette di vedere in anticipo i risultati di una campagna; poter avere una misura tempestiva del costo per lead, del costo per conversione, permette attività di rettifica e aggiustamento del messaggio o dei media, che sono indispensabili per l'ottimizzazione di qualsiasi investimento.

domenica 2 dicembre 2012

Le 5 cose da evitare assolutamente per trovare lavoro grazie a LinkedIN e 1 che, invece, che dovete assolutamente fare.


Le 5 cose da evitare assolutamente per trovare lavoro grazie a LinkedIN e 1 che, invece, che dovete assolutamente fare.

Ho trovato un articolo interessante scritto da uno dei più importanti recruiter americani Lou Adler aka the Original Headhunter e Autore di best seller tra cui l'ultimo: Hire With Your Head e The Essential Guide for Hiring and Getting Hired

Secondo me è illuminante, per questo ne ho fatto una traduzione libera per pubblicarlo.
Se sei vuoi crescere professionalmente e vuoi utilizzare LinkedIn per la tua attività di ricerca. devi tenere in considerazione due cardini importanti: being different and being connected, ovvero differenziarsi e muoversi con intelligenza in rete, smetti di perdere tempo con attività che non portano risultati (…).
Di seguito descrivo velocemente le 5 cose che un candidato NON DEVE MAI FARE per arrivare ad ottenere un colloquio e alla fine il miglior atteggiamento per ottenere un reale salto di carriera.

  1. Non mandare curricula a caso ai selezionatori Il compito di un selezionatore è di trovare la persona giusta per un certa posizione, non quello di trovare lavoro alle persone, quindi è inutile perdere tempo inviando i propri curricula a qualsiasi indirizzo mail di head hunter di cui si venga a conoscenza senza che sia stata postata una ricerca o senza la certezza che, una certa azienda, stia cercando qualcuno esattamente come te! I curricula non richiesti, vengono, generalmente, ignorati.
  2. Non rispondere immediatamente appena vedi un annuncio. LinkedIn è un network fatto di connessioni, verifica se tra i tuoi contatti non ci sia qualcuno a sua volta connesso con chi ha pubblicato l'annuncio e chiedi a questa persona di “introdurti”. Questa azione ti metterà immediatamente tra i profili da visionare
  3. Non utilizzare la versione standard per pubblicare il tuo profilo su LinkedIn. Quando ti candidi ad una posizione postata su LinkedIN, il recruiter riceve automaticamente via mail una breve descrizione del tuo profilo con le prime tre righe del professional profile e una breve lista delle tue precedenti posizioni. I selezionatori impiegano circa 20 secondi per capire se il profilo professionale è in linea con quello ricercato e se non è coerente o è incompleto viene scartato. Per aumentare le probabilità di essere scelto assicurati che ciascuno dei ruoli che hai precedentemente occupato sia descritto in modo completo e appaia immediatamente nella prima riga sotto il tuo nome, si tratta del tuo personale marchio e devi assicurarti che risalti in modo efficace.
  4. Non usare profili preconfezionati e non fare quello che fanno tutti, infatti i recruiter e i responsabili delle risorse umane ricevono ogni giorno centinaia di richieste di connessione o di candidatura a posizioni aperte. E' FONDAMENTALE che tu riesca a personalizzare il tuo messaggio se vuoi che il tuo cv sia, almeno, aperto. Un modo efficace può' essere descrivere qualcosa che tu hai fatto e che sia molto attinente alla descrizione della posizione ricercata e richiedere, come primo step, una conversazione preliminare per verificare l'effettiva aderenza delle tue esperienze con quelle del profilo descritto nell'annuncio. Insomma qualsiasi cosa tu faccia NON deve essere quello che fanno tutti gli altri

  5. Non fare domande stupide. Potrebbe sembrare banale, eppure.. se ricevi la telefonata di un recruiter, non mostrarti troppo “affamato” inoltre non tediare l'interlocutore con le classiche domande da fine colloquio, del tipo standard “cosa fate e cosa cercate”, piuttosto chiedete quali siano le più' importanti sfide che dovrai affrontare qualora venissi scelto per quella posizione o che tipo di problematiche devi essere pronto ad gestire.

Dopo quest'elenco di comportamenti da evitare ecco quello che, invece , deve assolutamente essere fatto per fare un reale passo avanti nella tua carriera:

Prima di tutto devi essere consapevole del fatto che LinkedIn è un network che unisce oltre 180 milioni di persone e per poter influenzare questo network devi trovare il maggior numero di persone che ti conoscono e che siano disponibili a “raccomandarti” per un lavoro. Le tue possibilità aumentano all'aumentare del numero dei tuoi contatti, parti dalle persone che conosci per poi provare a collegarti a tua volta con i loro contatti migliori. Allora quando proverai a cercare un lavoro utilizzando LinkedIn vedrai emergere una importante funzione del sito di contatti professionali più' importante al mondo, infatti vedrai apparire per prime quelle persone tra i tuoi contatti che sono direttamente connesse con chi ha postato l'annuncio. Questo è un benefit importante per chi ha un network numeroso e una grossa opportunità persa, per chi, al contrario ha poche connessioni. La rete di conoscenze, infatti, resta ancora il modo migliore per trovare lavoro o per progredire nella carriera e lo sarà sempre più' in futuro. Ci sono molte cose da fare e cose da non fare quando si cerca un nuovo lavoro, ma tutto parte dalla capacità di differenziarsi, ed essere capaci di differenziarsi all'interno di un network è un fattore chiave di successo.


See original at http://www.linkedin.com/today/post/article/20121129161737-15454-five-things-you-must-not-do-to-get-another-job-and-one-thing-you-must

mercoledì 21 novembre 2012

User experience: conviene sempre la condivisione?

Ho trovato questa chicca su un blog che ho inserito nella mia lista link perchè "fare marketing fa bene  ma farlo con autoironia fa meglio!!"

User experience.
Cliente: Il sito è piaciuto ma il prossimo anno abbiamo bisogno di maggior coinvolgimento!
Io: Ad esempio?
Cliente: Ma è chiaro: facciamo in modo che gli utenti si raccontino, riportino le loro esperienze, ovviamente in relazione al prodotto.
Io: Non me ne voglia ma le ricordo che producete carta igienica.

lunedì 19 novembre 2012

Tecniche di ricerca del lavoro:Tips and Tricks - parte seconda- Il CV, la tua brochure

Considerate il vostro CV come fosse la brochure di un'azienda: deve essere interessante, deve colpire ma non abbagliare, deve indicare i punti di forza del prodotto che state vendendo (voi stessi) e deve invogliare, se non direttamente all'acquisto, per lo meno alla prova.
Deve contenere, ovviamente, informazioni relative alle vostre esperienze e conoscenze, ma deve, soprattutto contenere le keyword che vi rendano visibili nel marasma dei cv che un selezionatore riceve, quindi che catturino la sua attenzione nei primi 20 secondi di lettura e che evitino il weeding out, ovvero l'atto di cestinare i cv alla prima scrematura. In testa devono esserci i vostri dati anagrafici, età, recapiti telefonici e email, tralasciate ciò che non è necessario (io, ad esempio, all'inizio, mettevo stato civile e numero di figli, pensando che fossero un'informazione importante...in realtà, ho capito dopo, erano importanti solo per me, ma completamente inutili per un selezionatore, quando non sono diventati addirittura penalizzanti e causa di weeding out). Sia che utilizzate uno standard europeo, consigliato se le vostre esperienze professionali sono scarse o nulle, sia  che utilizziate uno standard "classico", sotto i dati personali mettete SEMPRE un profilo sintetico (e qui ve la giocate tutta!!).
Il PROFILO SINTETICO deve essere il vostro cavallo di Troia, potrete, per risparmiare tempo, aggiornare di volta in volta, solo queste 5/6 righe per adattare il vostro profilo alla ricerca a cui state rispondendo e lasciare uguali le altre informazioni. Se cercano un marketing manager, scriverete (nel mio caso, ad esempio) "sono una marketing manager con oltre 15 anni di esperienza"; ma se rispondete ad un'annuncio di ricerca di un addetto marketing il profilo diventerà." Ho oltre 15 anni di esperienza nel settore marketing dove ho ricoperto diversi ruoli", oppure "Mi sono occupata di amministrazione in una realtà fortemente orientata al marketing e ho avuto modo di approfondire le relative tematiche".
Nelle successive righe indicate, sinteticamente, i vostri punti di forza in relazione a quella che è la job description della ricerca a cui state rispondendo, ovvero indicate come le vostre esperienze e knowhow possano diventare un "asset" per l'azienda, un "valore" che incrementi il patrimonio aziendale. Un trucchetto puo' essere cercare di riprendere alcuni termini utilizzati nell'inserzione, spesso, infatti, molti selezionatori utilizzano per la prima scrematura dei software che identificano i cv che contengono proprio le parole chiave dell'annuncio e scartano gli altri.
Indicate se avete lavorato in contesti internazionali, se avete gestito risorse (umane e finanziarie), se siete abituati a lavorare per obiettivi e, ultimo ma non meno importante, se appartenete a categorie speciali, quali ad esempio, mobilità. cig, legge 68/1999 o altro.
Di seguito vanno indicate le esperienze professionali, gli studi e la formazione, le competenze (corsi di  aggiornamento, competenze informatiche e linguistiche) e per ultimo potete chiudere con interessi personali (ma solo se servono a rafforzare il vostro profilo). Indicate se prendete parte ad attività di volontariato, la vostra partecipazione ad attività agonistiche o altro che possa essere pertinente con le caratteristiche della figura ricercata. Scrivere "mi piace leggere e cucinare", per quanto siano due attività che personalmente adoro, non offre alcun valore aggiunto (a meno che non stiate rispondendo ad una ricerca per cuoco o bibliotecario). 
Se non richiesto evitate di allegare la foto, lo stile del testo deve essere "pulito" e ricordatevi di indicare in grassetto le parole su cui volete attirare l'attenzione del lettore (ad esempio nome azienda e ruolo ricoperto).
L'intero CV non dovrebbe occupare piu' di due, massimo tre, pagine.
Ricordatevi, infine, che tutto ciò che scrivete nel vostro Cv sarà fonte di ispirazione di domande durante i colloqui, quindi, cercate di memorizzare date e definizioni utilizzate.
Nel prossimo post vedremo come leggere (tra le righe del) le inserzioni e adattare di conseguenza il nostro cv.

sabato 17 novembre 2012

Tecniche di ricerca del lavoro: Tips and Tricks -parte prima- La premessa

Fino a qualche anno fa la mia esperienza personale nella ricerca di lavoro era, ad essere onesta, abbastanza scarsa. Il mio ultimo vero colloquio di selezione risaliva al lontano 1995.
Da allora ho cambiato almeno 5 diverse aziende, sono cresciuta professionalmente fino a diventare marketing manager in una multinazionale e ad incrementare, proporzionalmente, la mia retribuzione, ma i miei passaggi di carriera sono sempre avvenuti per così dire "a chiamata" grazie ad ex colleghi o ex capi che, avendo lavorato con me in passato, mi proponevano per posizioni aperte nelle nuove aziende di cui, nel frattempo, erano entrati a far parte.
Per questo motivo quando, nell'aprile 2011, l'azienda per cui lavoravo da oltre 10 anni ha deciso di mettere i propri dipendenti in mobilità, mi sono trovata a dovermi ricollocare sul mercato del lavoro senza poter piu' contare sull'aiuto di chi, nel frattempo, aveva fatto scelte professionali e di vita diverse.
Mi sono ritrovata a 45 anni, con tre figli e una luminosa carriera alle spalle, a dover competere con persone piu' giovani, con curricula universitari decisamente brillanti, piu' disponibili a viaggiare, con aspettative retributive inferiori alle mie, spesso di sesso maschile (nelle posizioni di middle management in Italia c'è ancora un forte atteggiamento discriminatorio nei confronti delle donne, che non avendo una MOGLIE/MAMMA a casa non possono garantire, nell'immaginario collettivo dei datori di lavoro, la stessa dedizione al lavoro dell'omologo maschio).
Ho cominciato, quindi, non senza una certa ansia a rispondere ad inserzioni e inviare curricula, ma dopo alcuni mesi i risultati stentavano ad arrivare. Dopo un primo momento di giustificato disorientamento ho, come dicono gli inglesi, rolled up my sleeves, ovvero mi sono rimboccata le maniche e ho deciso di applicare un approccio piu' strutturato e un metodo qualsi scientifico.
Dopo alcuni mesi sono diventata così esperta da stupire, per competenza e arguzia, un professionista che si occupa di outplacement da anni, il che mi ha fatto riflettere su come sia davvero difficile per una persona che cerca un lavoro accedere ad un vademecum semplice, efficace e sperimentato che permetta di non commettere sempre gli stessi errori
Nei prossimi post troverete consigli e trucchi per rendere la vostra ricerca piu' efficace e mirata

venerdì 16 novembre 2012

Perchè VEERING MARKETING?

Volevo coniare un neologismo per esprimere un concetto che avevo ben chiaro nella mente ma che non trovavo nei testi dei guru del marketing 2.0; lo volevo forte, quasi iconografico e diciamolo, anche un po' autoreferenziale con queste iniziali VM che ricordano il mio monogramma...
Il concetto era semplice ma al tempo stesso difficile da comunicare soprattutto a chi per decenni ha considerato il marketing un'entità a se stante, quasi un ectoplasma che si aggira negli open space, spesso un esercizio di stile più che uno strumento a supporto della mission aziendale.
"Quelli del marketing", quante volte mi sono sentita chiamare così e spesso il tono della voce dell'interlocutore era a metà tra scherno e critica.
"Quelli del marketing" che sprecano risorse aziendali, "quelli del marketing" che non capiscono niente di vendite, IT, amministrazione, supporto ma che si riempiono la bocca di paroloni e fuffa; "quelli del marketing" che fanno i briefing, i brainstorming, che parlano di KPI e ROI ma che non sanno distinguere una fattura da un'offerta commerciale;  "quelli del marketing" che, per quel che servono, possiamo anche farne a meno...
Dopo un salutare bagno di autocritica ho capito che forse questi commenti non erano del tutto sbagliati (ad eccezione di quello sulla fattura/offerta che, per chi deve gestire un budget marketing, sono concetti chiarissimi); il marketing doveva cambiare rotta, spostare il proprio focus, spesso troppo autoreferenziale, da se stesso verso l'esterno,  puntare alle altre componenti aziendali, al nuovo modello di consumatore finale, al WEB inteso come comunità e scambio.
Proprio per questo, volendo utilizzare la metafora universale della navigazione in rete, ho pensato che chi fa marketing, soprattuto in questo periodo di forte tensione delle economie e dei popoli,  deve avere il coraggio di prendere in mano il timone della propria funzione aziendale e virare decisamente, cambiare rotta, rimettersi in discussione e declinare le proprie competenze in modo nuovo, che sia piu' funzionale al raggiungimento degli obiettivi aziendali ma contemporaneamente porti valore aggiunto alla comunità con cui si relaziona.
Insomma come dice il guru Philip Kotler siamo nell'era del marketing 3.0 dove "il nuovo paradigma è pensato e formulato in base a tre grandi forze della contemporaneità: l’evoluzione delle tecnologie della connettività e dell’interattività, la globalizzazione, lo sviluppo della società creativa" e quindi i vecchi paradigmi del marketing (per intenderci le famose 4 P -Product, Price, Place, Promotion-) alla base di un'ottica di business Product-driven, non sono piu' sufficienti per cogliere tutte le opportunità che le nuove dinamiche di mercato offrono alle aziende.
Piu' avanti suggerirò gli strumenti che possono essere utilizzati per virare verso un nuovo modo di fare marketing, intanto consiglio la lettura di un libro che coniuga la creattività di un pubblicitario con il rigore di un docente universitario dando vita ad un testo godibilissimo che è al tempo stesso leisure & education:
UN ETTO DI MARKETING (E’ UN ETTO E MEZZO, LASCIO?)
Da Facebook a Twitter, tutto il web che serve, spiegato con la lingua di tutti i giorni

di Massimo Carraro
prefazione di Nicola Zago
Alpha Test, Milano 2010

giovedì 15 novembre 2012

La parrucchiera Marisa

I primi anni della mia vita hanno avuto come scenario una città meravigliosa, Livorno, dove ho vissuto con i miei nonni, tra caciucco e vernacolo in un quartiere suburbano, "Shangai" (scritto senza la seconda h), che venne edificato dal fascismo nel 1935 con tipologie volutamente poverissime al fine di lasciare il centro libero per la gloriosa rivalorizzazione fascista.
Era un quartiere fatto di case popolari sottodimensionate rispetto al numero di occupanti delle famiglie assegnatarie, con manutenzione quasi nulla, dove però emergevano espressioni autonome di creatività ed auto-organizzazione.
I condomiini sorgevano a semicerchio intorno ad un cortile al centro del quale c'erano le ""pile" ovvero i lavatoi pubblici dove le massaie si sbucciavano le mani, lavando i panni con acqua freddissima, e le lingue, spettegolando a più non posso. Intorno c'erano i pali con i fili per stendere e tra un ghiaino polveroso e qualche, rara, macchina parcheggiata, sciami di bambini vocianti che giocavano. Le mamme erano più tolleranti di quanto non lo sia io ora e facevano finta di non vedere le impronte delle manine sporche lasciate sulle lenzuola candide stese al vento, da noi bambini che giocavamo a "rimpiattino" ovvero all'universale nascondino.
Al piano terra di uno dei condomini c'era la casa della parrucchiera Marisa.
Era un luogo, per me, pieno di fascino, con la porta sempre aperta e uno strano odore misto di lacca per capelli e ammoniaca che aleggiava costantemente nel pianerottolo.
La casa della parrucchiera Marisa era più che un semplice SALONE DI BELLEZZA, come si leggeva in tono altisonante vicino al campanello (che peraltro non veniva mai usato perchè la porta era sempre aperta), svolgeva una vera e propria funzione sociale di aggregazione, informazione, baby parking, consultorio, agenzia matrimoniale e chissà quante altre cose ancora.
Diventava ufficio di collocamento per lo scambio di domanda e offerta di lavoro, tribunale di pace quando suocera e nuora firmavano un temporaneo armistizio, baby parking per i figli delle cotonatissime clienti che stavano in un angolo a fare i compiti appoggiando i loro quaderni su pile di fotoromanzi Lancio.
La mia nonna non andava mai dalla parrucchiera perchè portava i suoi lunghissimi capelli argentei legati in una treccia arrotolata sotto la nuca, inoltre lei era una ex nobile, sfollata istriana, venuta a Livorno per seguire il marito che lavorava all'Accademia Navale e poco aveva da spartire con le vocianti e sboccate donne del quartiere.
Io guardavo, seduta sul giroscale, la varia umanità che entrava e usciva dalla casa dalla parrucchiera Marisa, ero curiosa, attratta e spaventata allo stesso tempo da tutti quelli stimoli e stavo lì sola per ore fino a quando...
...fino a quando la Marisa non si accorgeva di me e mi invitava ad entrare con un "ohioi deh, ecchè tu fai costì accoccolata sull'uscio, entra, forza, che ho bisogno di una mano"
Era il mio momento, entravo come fossi l'Aida con testa alta e portamento fiero e mi avvicinavo con passo marziale al carrello dei bigodini per assolvere alla mia DETERMINANTE funzione sociale: quella di riordinare i bigodini per dimensione e colore.
Ero così concentrata e determinata a portare a termine il mio compito nel migliore dei modi che, alla fine, non esisteva, al mondo, carrello dei bigodini più ordinato (nè bimba più felice!)
In quei momenti, in cui mi sentivo parte di quel microcosmo, la Marisa assolveva al ruolo sociale di psicologa infantile e io la guardavo adorante pensando:"Anch'io da grande farò la parrucchiera!"
Cosa c'entra la parrucchiera Marisa con il marketing?
Lei era un marketing manager ante litteram, una figura trade d'union tra diverse esigenze e culture, capace di interpretare i bisogni piuttosto che cercare di crearne dei nuovi e capace di ascoltare e guardarsi intorno e farsi interprete delle esigenze di chi la circondava.
Questo secondo me dovrebbe fare oggi un buon marketeer, ascoltare più che parlare, comunicare in modo schietto senza imporsi; essere analitico, propositivo e concreto e fornire soluzioni semplici ma efficaci; in poche parole fornire un valido supporto alla definizione di nuove strategie e all'implementazione di nuovi modelli organizzativi e di business orientati verso un cliente sempre più informato ed esigente senza voler necessariamente fare la primadonna.
Dopo questo lunghissimo post, quasi, quasi...mi faccio uno shampoo!!